Bisio Pietro - archivio artisti pavesi

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Bisio Pietro

Pietro Bisio (Casei Gerola,PV 1932)
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Amante che ride 1978 - Tecnica Mista su carta da pacco cm 50x76

E’ da poco stato pubblicato il ponderoso, importante volume monografico “Pietro Bisio. Espressività del segno e sperimentazione”, curato dal critico Virginio Giacomo Bono : un’opera che indica l’inizio d’una riflessione critica, da cui verosimilmente consegue una rivalutazione di mercato dell’opera di Pietro Bisio.
Allievo di Aldo Carpi e Domenico Cantatore , discepolo nella mitica “ Aula Carpi “ all’ Accademia di Brera negli anni ’50, Pietro Bisio ha respiro artistico inserito nelle grandi correnti del ‘900 milanese e quindi nazionale. Protagonista del Realismo Critico Esistenziale , ha “dato del tu” ai grandi del ‘900 italiano : Fontana , Burri , Treccani , Ferroni , Banchieri , Guerreschi , Cesetti , Scapaticci , Romagnoni ,  Vaglieri , e molti altri con cui ha condiviso studi , giornate, avventure di vita ed artistiche. Resta forse l’ultimo di quella straordinaria nidiata artisticamente all’avanguardia a dover ricevere dal mercato nazionale allori pari a quelli che gli tributa da sempre il suo Oltrepo .
Mi limito a citare qualche nota biografica : “Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Brera, Milano; nel 1954/58 allievo di Aldo Carpi e Domenico Cantatore .
Mostre personali e collettive: 1957, Galleria Spotorno, Milano; 1960, Galleria Il Torcoliere, Roma; 1965, Galleria San Marco, Venezia; 1965, Galleria Ponte dei Mulini, Portogruaro; 1994, Spazio Viola, Torrazza Coste; 2002, Galleria Gabba-Basiglio, Tortona; 2002, Spazio Viola (performance), Torrazza Coste; 2003, Sala Pagano, Voghera; 2003, Palazzo Comunale, Volpedo; 2003, Casa di Agostino, Gerola; 2004, Studio Gabba, Lunassi.
Premi ed onorificenze:  Premio  Diomira,  Galleria
Spotorno; 1957, Medaglia d’Oro del Senato, Milano; 1960, Premio Città di Alessandria; 1961, Premio Suzzara; 1961, Premio Città di Crema; 2003, Premio Bormio; 2003, Medaglia d’Oro, Premio Acciarino, Voghera.
Critici: Virgilio Giacomo Bono, Manuela Bonadeo, Raffaele De Grada, Mauro Galli, Luciano Caramel. “Interessanti anche le righe scritte da Vincenzo Basiglio in occasione d’una Mostra sul Realismo critico esistenziale tenuta a Casale Monferrato : “(…) Il periodo a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta è stato estremamente interessante per l’arte della nostra zona; in realtà il giudizio positivo andrebbe riportato un po’ più indietro con quel gruppo straordinario di artisti che fecero parte della Scuola Tortonese nella prima metà del XIX secolo, artisti come Mario Patri e Luigi Rapetti , rimasti nell’ombra a livello nazionale, ma che già nel 1935 lavoravano sulle tematiche informali, agli albori delle ricerche sulla negazione della forma a livello internazionale; poi Gigi Cuniolo, che ebbe importanti partecipazioni alle esposizioni più significative del tempo (Biennale a Venezia, Premio Bergamo, ecc) ma che ancora oggi manca di una analisi critica fondamentale per il giusto inserimento tra i primi sperimentatori dell’arte informale in Italia, per non dimenticare le ultime esperienze di Pellizza da Volpedo e Cesare Saccaggi.
A seguito delle esperienze rivoluzionarie dell’arte americana degli anni ’50 e ’60 e dalla congiuntura creatasi negli anni immediatamente successivi al ’68 con la nascita dell’Arte Povera, anche la nostra terra a sua volta si sintonizzata col clima che allora si stabilì in tutto il mondo occidentale, attorno a fenomeni come l’arte concettuale: di tutto ciò Pietro Bisio è il più importante riferimento e l’operazione espositiva a Casale sarà un primo percorso per un importante risarcimento pubblico. Il comportamento, le ricerche d’ambiente, il segno e la nuova pittura di Pietro Bisio sono stati il trampolino di lancio delle nuove generazioni. Fu quella una stagione contrassegnata da un clima di rigore e di radicalismo, cui poi seguì il bisogno di rilassare un po’ la tensione degli animi e ridare all’arte dei margini di gradevolezza e di piacere. Il tutto ricorda abbastanza da vicino una sequenza storica che si era già prodotta nel nostro Paese circa mezzo secolo prima. Si pensi infatti alla rapida successione tra il Futurismo (1916 Manifesto della pittura futurista e la morte di Boccioni ) e la nascita della Metafisica, che avvenne l’anno dopo a Ferrara, per effetto dell’incontro tra De Chirico e Carrà. Ma la Metafisica fu solo la punta di un iceberg, nella cui scia si posero tanti altri movimenti affini e derivati, il “richiamo all’ordine”, “Valori plastici”, “Novecento”, “Il realismo magico” fino al “Realismo esistenziale”. Il movimento del Realismo prende vita dalle indicazioni scaturite dal VI congresso del Partito Comunista Italiano che precisa il rapporto fra l’arte e l’ideologia. Agli intellettuali viene richiesto di rivolgersi direttamente al popolo, adottando un linguaggio chiaro e immediatamente comprensibile. L’intransigenza del PCI contribuisce a chiudere l’esperienza del Fronte nuovo delle Arti e apre le porte alla stagione realista. Renato Guttuso, Ernesto Treccani, Giuseppe Zigaina, Armando Pizzinato e Carlo Levi dipingono l’occupazione delle terre, le grandi lotte contadine e operaie insieme ad altri soggetti d’interesse sociale. Nel 1952 nasce a Milano la rivista Realismo, che sostiene l’opportunità di un nuovo rapporto tra l’arte e la realtà quotidiana. Intorno alla metà degli anni Cinquanta si fa strada “Il Realismo Esistenziale”: artisti come Gianfranco Ferroni (1927-2001), Giuseppe Banchieri (1927-1994) e Giuseppe Guerreschi (1929-1985), Nino Ceretti e Beppe Romagnoni (amici personali di Pietro Bisio che con loro ha condiviso l’esperienza bohemienne di quegli anni) si ispirano alla filosofia di Jean-Paul Sartre (1905-1980), e prendono spunto da temi come l’emarginazione sociale e la miseria per realizzare una pittura drammatica dalle forti valenze espressioniste tutti accomunati, però, dall’esigenza di rivedere il progetto troppo “modernista” dell’avanguardia precedente e di nobilitarlo mediante il recupero di valori del passato. Analogamente a questa esperienza milanese si sviluppa nella nostra zona il movimento “Realismo critico” che vede alcuni artisti come Giansisto Gasparini (uno dei principali esponenti del Realismo Esistenziale), Pietro Bisio, Piero Leddi, Michele Mainoli e Dimitri Plescan, raggrupparsi intorno alle idee del critico d’arte vogherese Virginio Giacomo Bono, che pone l’accento sui temi dell’abbandono delle terre e la fine del mondo contadino e lo sviluppo abnorme delle periferie .

E’ avvenuto così che l’albero delle ricerche concettuali, ambientali e simili, ha fatto cadere i suoi frutti maturi solo nel paniere dell’Arte Povera, cioè di un gruppo di artisti in prevalenza torinesi; così come le tendenze successive, di natura implosiva o anche, se si vuole, neo-metafisica, volta a ritrovare una “grazia perduta”, sono state monopolizzate dalla sola Transavanguardia.
Tornata prepotentemente protagonista sulla scena dell’arte dopo la rivoluzione di gusto e di mercato operata dalla Transavanguardia, negli ultimi vent’anni del Novecento e durante i primi vagiti del nuovo millennio la pittura italiana ha avuto tempo e modo di disperdersi in mille rivoli, di sperimentare materiali prima impensabili. Sempre però continuando a camminare in bilico tra modernismo e antimodernismo, scegliendo ora di riallacciare i fili con il passato, ora di spingersi tanto oltre da non potersi più neanche riconoscere nella storia dell’arte recente. Anche oggi, come per la prima parte del secolo scorso, non si può dare ad alcuna di queste due opzioni un valore assolutamente positivo o negativo, e stimoli ed idee per soluzioni innovative e convincenti capita finiscano per arrivare dalla tradizione più radicata come anche da sperimentazioni sovversive e improbabili. Pietro Bisio, come personaggio storico della sperimentazione, nasce dal segno e dalla pittura e su questi valori tecnici ed estetici fonda la sua arte. Non molto lontani da lui, anche se diversi, sono Claudio Magrassi e Marco Mazzoni; legati alla tradizione figurativa e alle correnti contemporanee milanesi (Claudio Martinelli, Alessandro Papetti, Luca Pignatelli, ecc.) non disdegnano le riflessioni sull’arte fatta di realismo esasperato di Lucien Freud e di Jenni Saville; restano all’interno della storia della pittura e non cercano la contaminazione con altri universi, dal glamour al dark, dalla pubblicità alla fiction televisiva, i loro punti di riferimento e le citazioni più argute della ricerca si rifanno al massimo alle avanguardie storiche. Si muovono nell’area delimitata del ritratto e della natura morta, che rivisitano rifacendosi alle tecniche iperreali (olio,pastello,acrilici,tempere, ecc.) dell’illustrazione recuperando anche alcuni aspetti dell’informale d’annata con una conoscenza assoluta dei limiti e delle qualità della pittura, portata spesso alle estreme possibilità di rappresentazione con le pennellate che rivelano una vocazione istintiva per il dipingere. Più a ritroso non vanno, e il Dadaismo, la Metafisica, il Razionalismo e il Realismo rappresentano in toto il serbatoio d’idee e richiami cui attingono i nostri artisti. Tenuto conto che la differenza tra chi rilegge il passato e chi si proietta verso il futuro è dunque di appena un centinaio di anni di storia , si può ben immaginare come le tante differenze e i tanti rivoli siano poi, in realtà, un unico fiume. Con molte più somiglianze che differenze.
Chi invece conosce la nostra situazione di cultura, sa che in entrambi i casi il panorama è stato più ampio e più ricco di quanto non risulti attraverso questo filtro troppo unilaterale. Così per esempio chi volesse fare davvero la storia dei nostri anni “esplosivi” di ricerche concettuali affidate a media alternativi come la fotografia, la scrittura, fino allo sterco di piccione ed ai rifiuti, non potrebbe prescindere da Pietro Bisio e chi vorrà ricostruire questi ultimi anni non potrà prescindere dagli artisti documentati dal presente catalogo, anche se nessuno di essi (per ora) figura in quel troppo ristretto Ghota divenuto noto anche grazie allo strapotere del “grande critico” o agli investimenti economici della “grande galleria”.



 
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